venerdì 15 febbraio 2013

L'Europa che non serve

di Nicola Melloni

da Liberazione

Disoccupazione, povertà, recessione: queste sconosciute...

Alla fine, dopo una lunga contrattazione, l’accordo è stato raggiunto ed il nuovo bilancio europeo è stato firmato. Mettendo insieme tutto e il contrario di tutto, per altro con la felicità di ciascuno e, almeno all’apparenza, convinto di essere uscito vittorioso. Da una parte gli inglesi che hanno già annunciato di voler fare un referendum per uscire dalla Ue, ma intanto lavorano attivamente per distruggerla, pretendendo continui tagli di bilancio (e, dunque, meno investimenti); dall’altra i francesi che gridano e si dibattono per avere più Europa, ma alla fine si accontentano di difendere i soldi da dare all’agricoltura (proprio mentre spingiamo i paesi in via di sviluppo verso il free trade). In mezzo i tedeschi, custodi dell’ortodossia rigorista, che firmano un bilancio in deficit per accontentare i minori contributi che pretendeva Londra, con le spese immutate richieste da Parigi.
Alcuni parlano di politica, di arte del compromesso. In realtà non si tratta neanche di un compromesso al ribasso, ma di un vero e proprio buco nell’acqua. Mentre nell’Europa tutta infuria una tempesta economica di dimensioni epocali, dentro i palazzi di Bruxelles 27 politici sempre più simili a grigi burocrati non hanno nulla da proporre, se non litigare sul nulla davanti ai cittadini sbigottiti. La redazione del bilancio, tanto a livello nazionale quanto europeo, dovrebbe essere il momento principe per discutere dei problemi economici e soprattutto delle soluzioni. Se dovessimo allora valutare i problemi dell’Europa da quello che si è visto in questi giorni a Bruxelles, potremmo pensare che i problemi maggiori sono quelli di piccolissimo cabotaggio – ed anche su quelli non riusciamo a trovare soluzioni condivise. Quello che è completamente assente è una strategia di più largo respiro che rilanci la crescita e gli investimenti – ma tanto a Bruxelles come nella maggior parte della cancellerie europee questo è un problema secondario. Disoccupazione, recessione, povertà, queste sconosciute. E cosa, d’altronde, ci saremmo potuti aspettare da primi ministri che hanno sottoscritto il fiscal compact e tagliano la spesa pubblica proprio mentre l’economia reale si avvita?
La politica del vecchio continente è ormai diventata auto-referenziale, non si occupa più dei problemi reali, ma è tutta impegnata a salvarsi la faccia negli incontri internazionali, manco fossimo tornati alla diplomazia ottocentesca, tutta minuetti e incontri (e scontri) dietro le quinte. Soprattutto ci troviamo davanti a 27 politici che dovrebbero lavorare ad un obiettivo comune – la crescita e la prosperità dell’Europa – ed invece litigano in continuazione e non sono d’accordo su nulla. Ci sarebbe da chiedersi cosa ci stanno a fare insieme, se manca anche un minimo comune denominatore.
Lo spettacolo offerto è stato talmente squallido che ha fatto alzare la voce persino a Bersani. Sarebbe stata una buona notizia se il leader del Pd durante la campagna elettorale avesse proposto una visione innovativa della Ue. Invece il massimo che è riuscito fare è andare a Berlino a farsi benedire da Schauble come partner affidabile (leggi: fedele). Quello che più è mancato in questa campagna elettorale (con pochissime eccezioni, Rivoluzione Civile e Grillo) è proprio il dibattito sull’Europa, sulla sua crisi e sulle soluzioni proposte. A Roma come a Bruxelles si preferisce nascondere lo sporco sotto il tappeto. Mentre il continente affonda, la solita orchestra stonata continua a suonare.

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1 commento:

  1. ( IL Cannibalismo degli Stati Europei )

    Le banche con giochi speculativi Sbagliati hanno innescato
    La recessione .

    Là BCE con i prestiti alle Banche alimenta il fuoco distruttivo
    è come dare soldi ad un giocatore malato correrebbe subito ha giocarseli
    sperando di rivincere i soldi persi .

    Ed è quello che sta succedendo ogni volta che là BCE foraggia le Banche
    dei Paesi Comunitari in difficoltà lo spraid sale annullando i sacrifici
    dei Paesi Più deboli a questo punto viene spontaneo chiedersi
    perché aiutare chi ha prodotto la crisi ? io applicherei quel detto popolare
    che recita cosi chi rompe paga e i cocci sono suoi.

    i Governi dovrebbero aiutare le imprese
    aiutando l’Imprese si produrrebbe lavoro riattivando l’economia
    in automatico anche le Banche si ricaricherebbero.

    Ma ai nostri giorni viene fatto tutto il contrario l'unica cosa concreta ?
    Il malaffare dilagante perpetrato da speculatori - Banche – e da chi ricopre cariche istituzionali
    con danni incalcolabili per il Popolo. VITTORIO

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